why should I lie?

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Monday, March 18, 2013

COMUNISTI VS. EUROPA


Oggi il Partito Democratico, che al suo interno accoglie con fierezza gran parte dei cari resti del PCI, PDS, Querce e derivati, si autodefinisce unico baluardo italiano contro la disintegrazione d'una Europa zoppicante e mascherata da nazione sul mercato mondiale.
Forse la classe dirigente del PD, pur nella sua costante manifestazione di Alzheimer conclamato, è troppo giovane per ricordare che il Partito Comunista Italiano prima, il Partito Democratico della Sinistra poi, hanno sempre combattuto una battaglia, persa in partenza aggiungerei, contro l'unificazione europea, in quanto questa avrebbe contribuito all'allontanamento, sempre più pronunciato e definitivo, dell'Italia dalla sfera d'influenza sovietica.
Ricordo che ancora a metà degli anni '80 la linea difensiva che l'Italia era pronta ad adottare in caso di attacco dall'Est, era basata sulla distruzione delle dighe sui fiumi che scendono dalle Alpi con conseguente allagamento della pianura padana così da rendere estremamente lenta, se non impossibile, la marcia dei carri armati sovietici in arrivo dall'allora Yugoslavia. 
Fortunatamente il crollo del muro di Berlino ha cambiato completamente la visione apocalittica che   i nostri capi militari avevano messo in dovuto conto. 
Secondo me è stata proprio la minaccia sovietica (mi scusate se la chiamo 'comunista'?) a rallentare, condizionandolo e in qualche modo sabotandolo, il processo dell'integrazione europea.
Quindi, perché dovremmo conferire ai rappresentanti del Partito Democratico il potere di critica verso i concorrenti dello stesso che, a loro dire, è l'unico a preoccuparsi della salute, piuttosto precaria, dell'Europa?
Inizio 1978 ho incontrato a Mosca Luciano Lama. Ovvio e naturale e, aggiungerei, assolutamente non criticabile, che la CGIL, organizzazione sindacale in quel tempo dichiaratamente comunista,   coordinasse la sua azione con quella imposta dal PCUS. 
Sempre nel  1978 e sempre a Mosca, ho avuto il piacere di condividere il viaggio in ascensore dal piano terra al quinto piano del palazzo, dove risiedeva un nostro diplomatico, con un signore, già noto e affermato, che si è presentato come Romano Prodi. Corrispondeva certamente a verità: inconfondibile il suo aspetto corrucciato con qualche lampo d'intelligenza e partecipazione dietro le lenti dei suoi occhiali. Ci siamo scoperti ambedue invitati dal diplomatico di cui sopra. In quei tempi Prodi cercava, credo anche con successo, di piazzare prodotti italiani sul mercato sovietico. Se ricordo correttamente, già si occupava di IRI e di liquidazione di parte delle controllate. Durante la cena in piedi (eravamo una decina di persone) il buon Romano ha fatto un esercizio d'astrazione, tanto che, non partecipando a nessuna delle conversazioni intrecciate tra gli altri partecipanti, risultava un po' orso...o prudente. Infatti noi, certi che l'appartamento fosse imbottito di cimici, parlavamo di proposito in modo abbastanza critico, del regime sovietico, dei suoi limiti, delle disuguaglianze esistenti tra la casta degli alti papaveri e il popolo. Il silenzio, o meglio l'assenza, di Romano si faceva notare. Noi non capivamo il perché del suo atteggiamento, ma in fondo non ce ne fregava più di tanto. Solo qualche mese più tardi avrei capito che per un politico rampante, indipendentemente dalle proprie idee, è prudente evitare manifestazioni che lascino trasparire convinzioni e programmi, e questo non solo in regime sovietico... (una conferma? Il sequestro di Moro che seguì a qualche settimana di distanza) 
Ma ritorniamo all'Europa. Ricordo che l'immenso e potente impero sovietico vedeva nell'Europa unita una costante minaccia. L'incubo NATO era sentito in modo particolare. Noi occidentali non eravamo aggiornati sulla situazione interna dell'URSS. Non sapevamo che rivolte popolari in Georgia erano state represse nel sangue utilizzando truppe kirghise che, pare, per tradizione odiano i georgiani, simbolo del vecchio Stalin. A Mosca non potevano ignorare i movimenti centrifughi di alcuni degli stati componenti l'unione!
Il fatto che l'Europa Occidentale si stesse nel frattempo organizzando disturbava non poco Breznev and Co. I comunisti italiani si comportavano di conseguenza. Sfido chiunque a sostenere il contrario. In fondo la stampa dell'epoca non può che confermare questa affermazione. Conclusione: il comunismo in nessun caso può essere citato tra i sostenitori dell'europeismo. Nella realtà non è un gran guaio. L'Europa di oggi è un aborto di quello che avevano immaginato i padri fondatori. Non possiamo neanche citare, a proposito o a sproposito, i "padri costituenti" dell'Europa. Quelli che non prevedevano il sabotaggio politico e che quindi hanno lavorato alla creazione dell'embrione dell'Europa possono al massimo essere chiamati i "padri sognatori". Adenauer, Spaak, Schuman, Spinelli, Martino padre hanno sognato e lavorato contro tutte le difficoltà politiche ed economiche per creare un'Europa vera. Purtroppo si sono trovati di fronte un esercito di sabotatori: primi fra tutti i comunisti.

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