why should I lie?

why should I lie?

Wednesday, August 29, 2012

I HAVE A DREAM!..

Che un giorno tutti gli abitanti di questo Paese si comprenderanno perché non solo avranno una lingua comune, ma penseranno in modo più omogeneo
- Che un giorno gli abitanti di questo Paese avranno tutti le stesse forme d'educazione 
- Che un giorno essi avranno tutti le stesse possibilità d'accesso al lavoro
- Che un giorno potranno rivolgersi a un qualsiasi ufficio del Paese sicuri di ottenere informazioni e servizi simili ed equivalenti.
- Che un giorno smetteranno di "raccomandarsi" tra di loro.
- Che un giorno Culone e Psicotappi potranno amarsi liberamente senza preoccupazioni di spread.
- Che un giorno i regnanti ancora regnanti depongano le loro corone nel cassetto più basso del comò della loro nonna.
- Che un giorno la TAV procederà spedita. Che tutte le operazioni chiamate varianti di valico,   passanti, ponti o non ponti, in Manica o sotto Manica, Stretti o Larghi che siano vengano travasate dalla carta politica ad una delle due possibili carte: quella una volta chiamata "da spolvero" o quella comunemente chiamata "igienica".
-  Che un giorno l'ipocrisia politica sia sostituita da uno spirito di chiarezza e che in tutto il Paese esistano solo due partiti: ad esempio socialisti e liberali (seppellendo per sempre i termini tra loro equivalenti fascista e comunista nonché demo-pop-lib-verd-stel-ul-margh-finoc-amb-etc.)
- Che un giorno l'Euro, nato a 0,96 $ e salito fino a 1,48$, a seguito di quanto sopra sognato e realizzato, si stabilizzi per esempio a un confortevole tot-frazione di barile...e non se ne parli più.

  

Tuesday, August 28, 2012

QUANTO SONO BRAVI E INTELLIGENTI...OGGI!


JUTTA LIMBACH (Frankfurter Allgemeine)

Scrive in data 26/08/2012


Es gibt keine europäische Identität 

ovvero:
Non esiste un'identità europea.

Wir sollten vernünftig werden: Die Vereinigten Staaten von Europa sind eine schöne, vielleicht auch notwendige Idee. Aber sie richtet sich an den Verstand, nicht ans Gefühl.

ovvero:
Dobbiamo essere ragionevoli: Gli Stati Uniti d'Europa sono una bella idea,
forse anche necessaria. Ma il concetto si rivolge alla comprensione e non al sentimento.


Toh! Questa Jutta è una maga!



Friday, August 24, 2012

 

 
SARANNO PROPRIO COINCIDENZE?
da "IL GIORNALE

Il mistero dell'oro tedesco: è custodito negli Usa o esiste solo sulla carta?

Le riserve auree tedesche ammontano a circa 3.400 tonnellate (secondo solo agli Usa) e sono custodite dalla Federal reserve americana. Ma dal 2007 nessuno controlla


I tedeschi hanno un vero e proprio tesoro. La Bundesbank, infatti, custodisce all'incirca 3.400 tonnellate di oro (la quantità esatta è un segreto di Stato).
Ne hanno di più solo gli Stati Uniti (8.100) o tutti gli stati dell'Eurozona messi insieme (10.800). Anche questo, oltre agli indicatori economici (Pil e spread) e al peso nelle trattative politiche internazionali (vedi i vincoli sul salvataggio della Grecia) è il segno della forza economica della Germania. Anche se, ormai da diverso tempo, non c'è più relazione tra l'oro posseduto e la moneta circolante. Qualcuno, in Germania, si è posto questa domanda: ma tutto questo oro dove si trova fisicamente? La risposta sembrerebbe ovvia: è nei forzieri della Bundesbank custoditi dalla Federal reserve americana.
A sollevare il caso è stato un giornalista, Stefan Aust, ex direttore dello Spiegel. Rincara la dose la Augsburger Allgemeine, con un articolo intitolato così: "Un tesoro dimenticato in cantina". I controlli delle riserve (che la legge prevede ogni tre anni), non sarebbe così puntuali. Si parla, addirittura, del 2007 come l'anno dell'ultima ispezione dei funzionari della Bundesbank alla Federal reserve.
Non è una stranezza che l'oro tedesco sia in America: risale alla Guerra fredda. Motivi di sicurezza. Negli anni, però, qualcuno ha iniziato a chiedere di riportarlo in patria. Che senso ha tenerlo negli Usa, visto che la Cortina di ferro non esiste più?
In Italia qualche mese fa si era parlato della possibilità di utilizzare le nostre riserve auree per fronteggiare la crisi. Ipotesi poi scartata perché quelle risorse servono, prima di tutto, come garanzia. Poi si era accesa qualche polemica sulla diminuzione della nostra riserva, pari a circa sei miliardi di euro. Ma la Banca d'Italia aveva chiarito che si trattava solo della variazione del prezzo dell'oro. L'argomento, come si vede, continua a essere molto caldo.
In tempi di crisi ovviamente tutto è possibile. A metà anni Settanta il governo italiano, presieduto da Aldo Moro, per fronteggiare una pesante crisi valutaria fece ricorso proprio alle riserve auree (circa 540 tonnellate d’oro) come garanzia per un prestito di 2 miliardi di dollari concesso dalla Germania. Corsi e ricorsi della storia. I tedeschi pretesero - e ottennero - una garanzia forte. Oggi sono ancora loro a guidare le danze dell'economia. Ma sulla loro ricchezza, stranamente, c'è un alone di mistero... E c'è chi avanza un'ipotesi inquietante: l'oro tedesco c'è, ma solo sulla carta.



dal Frankfurter Allgemeine

Amerika Republikaner diskutieren Goldstandard
24.08.2012 · In Amerika kehrt eine alte Idee in die politische Diskussion zurück. Drei Jahrzehnte nach der Lösung des Dollar vom Gold debattieren die Republikaner über eine Rückkehr zum Goldstandard.
Von Patrick Welter, Washington



Die Republikaner debattieren eine Rückkehr der Vereinigten Staaten zum Goldstandard. Sie wollen eine Kommission einsetzten, die prüft, ob eine Rückkehr zu einer festen Parität des Dollar zum Gold praktikabel ist. Das geht aus dem Entwurf des Wahlprogramms hervor, das kommende Woche auf dem Parteitag in Tampa, Florida, beschlossen werden soll.
Die Aufnahme des Themas ist ein Erfolg für den Abgeordneten und Tea-Party-Heroen Ron Paul, der in der innerparteilichen Vorentscheidung über die Präsidentschaftskandidatur Achtungserfolge erzielt hatte. Der freiheitlich gesinnte Paul ficht seit Jahrzehnten für eine Bindung des Dollar an das Gold oder die Zulassung wettbewerblichen Geldes, um die Inflationierung im Papiergeldstandard zu stoppen. Die Kommission soll nur Vorschläge unterbreiten. Drei Jahrzehnte nach der Lösung des Dollar vom Gold im Jahr 1971 kehrt damit die Idee des Goldstandards wieder in die breite politische Diskussion zurück.

Aus Sorge vor der Inflation

Die Aufnahme in das Wahlprogramm signalisiert die Besorgnis vieler Republikaner über Inflationsrisiken und den Dollar-Kurs; sie macht sich angesichts der andauernden Nullzinspolitik der Fed und ihrer Ankäufe von Staatsanleihen breit.
Präsidentschaftskandidat Mitt Romney hatte erst am Donnerstag abermals betont, dass er nach einer erfolgreichen Wahl die Spitze der Zentralbank neu besetzen wolle.
Der Fed-Vorsitzende Ben Bernanke war vom republikanischen Präsidenten George W. Bush ernannt und vom Demokraten Barack Obama für eine zweite Amtszeit berufen worden, die im Januar 2014 endet. Romneys Wirtschaftsberater Glenn Hubbard von der Columbia-Universität hatte zuvor empfohlen, eine Wiederernennung Bernankes zu erwägen.


RIFLESSIONI POCO PROFONDE

*PERCHE' SCRIVERE DI PROBLEMI DI CUI NON CONOSCERO' MAI LA SOLUZIONE?
 
*PERCHE' INTERESSARSI A SVILUPPI FUTURI DI CUI NON POTRO' APPROFITTARE?
 
*PERCHE' MASCHERARE OGNI COSA CON L'AFFERMAZIONE: "VOGLIO CHE IL MONDO CHE LASCIO SIA MIGLIORE" ANCHE SE GIA' SO CHE CON 7-8-9 MILIARDI DI PERSONE QUESTO SARA' PRATICAMENTE IMPOSSIBILE?
 
*PERCHE' ESSERE OTTIMISTI QUANDO E' MOLTO PIU' FACILE ESSERE PESSIMISTI?
 
*PERCHE' PROBABILMENTE SONO UNO DEI TANTI COGLIONAZZI CHE FANNO FINTA DI PENSARE.

*PERCHE' FORSE PENSO SUL SERIO.

*PERCHE' PENSO CHE PENSARE E' UTILE.

*UTILE...PER CHI? PER NESSUNO SPERO. IL PENSIERO DEI FILOSOFI E' IN GENERALE SEME DELLA DISCORDIA.
 
 Strano. Il mio amico "il pesce di Minneapolis" mi dice che ho ragione.
 

Wednesday, August 22, 2012



BASTA COSI’ POCO



…per rendere felice un tecnico!

Se un altro tecnico gli dice che ha fatto un buon lavoro, Lui, l’artefice, alza la testa fieramente e dice, con malcelata modestia: “E’ vero. In questa situazione e con  questi mezzi, quanto fatto rappresenta il massimo realizzabile.”

Ovviamente, nessuno ha interpellato il cliente. I vari direttori dei lavori, personaggi che dovrebbero proteggere i diritti del cliente, hanno frequentemente una preparazione inadeguata o sono caratterizzati da un buonismo non giustificato né giustificabile.

E così, come le ciliegie, un tecnico tira l’altro.

Monti ha detto; Monti ha fatto. Viva, viva, dice Pierferdy.

Passera e Grilli si incartano con le loro spending review, ma Bersani annuncia che finalmente si è imboccata la strada giusta. La Cancellieri ha finalmente arrestato un camorrista di spicco, ma tra Sicilia, terra ferma per modo di dire, e Lampedusa, tutto si muove e si agita “come prima più di prima…” L’arresto del camorrista però ci protegge.

Quello che non si capisce è quanto stiano facendo i supertecnici assoldati dai tecnici. Bondi, Amato e quell’altro di cui non ricordo neanche il nome, cosa ci propinano?

Tira comunque aria di condanna. No, non dei tecnici. Passano sotto la lente nomi come Fini, Bocchino, forse anche un outsider come Berlusconi, Maroni che in veste di nuovo Finocchiaro-Aprile, toccato da quella puntina di “nordicismo”, promuove la secessione di Sardegna e Corsica. Immagino che booking.com esulti.

Non abbiamo ancora nomi celebri che possano promuovere un’autodeterminazione dei “trulli”, ma certo qualcuno si farà avanti.

Nel frattempo, cerchiamo di non agitare troppo le acque! Abbiamo dei tecnici ciellini. Abbiamo tecnici degasperiani. Abbiamo tecnici bobbiani e crociani. Tutti, e ripeto tutti, sono molto lusingati dai complimenti moodiani, standardisti, obamici. Ci fossero anche quelli merkeliani, non
riusciremmo in alcun modo a contenere la gioia e il trionfalismo

Sunday, August 19, 2012

ricordi 5

Perché poi a Lourdes cosa è accaduto? (1968)


L’assistenza tecnica ai clienti ricadeva nei miei compiti. E i vecchi clienti francesi si erano installati in montagna: in particolare nei Pirenei, zona tranquilla e ricca di elettricità prodotta in piccole centrali idroelettriche. Qualche volta era difficile raggiungerli. Gli stabilimenti si confondevano con le rovine degli antichi eremi e dei castelli costruiti sui Pirenei a difesa del regno di Francia ai tempi delle invasioni dei mori. Si respirava un’atmosfera da Orlando e relativi Paladini di Francia.
In genere, salendo in quota, si passava attraverso nuvoloni di marca francese per scollinare all’improvviso in un sole brillante e prati verdi di chiara marca spagnola. Non ho mai più visto montagne tanto double-face quanto i Pirenei.
In particolare, se dal lato francese salivi a dorso di mulo nell’anfiteatro di ghiaccio chiamato Cirque de Gavarnie, una volta superata l’ultima cresta - immaginate le arcate più alte del Colosseo - si intravedeva un falso piano d’un verde accecante punteggiato d’alberi d’olivo: la Spagna dei paesi Baschi o i Paesi Baschi di Spagna. Come preferite.
In quei tempi il Generalissimo impazzava ancora. La Spagna era veramente povera, ma era ricca in tradizioni, religione e relativi santuari, molti appollaiati sulla montagna: uno splendore nel sole splendente.
Attaccavo volentieri discorso con i doganieri spagnoli che mi consideravano una specie di controparte garantita in quanto figlio di un’Italia che aveva esportato il fascismo in Spagna. Tutto questo, ovviamente, per rispettare le apparenze. Finito il turno di guardia, capitava spesso che, qualora io scendessi dal lato spagnolo, ad esempio verso Pamplona, qualcuno di loro mi chiedesse un passaggio fino a valle. E in una mezz’ora si scambiano idee, opinioni, confidenze. Posso garantire che nel momento in cui il passeggero improvvisato scendeva dall’auto, il Generalissimo aveva cambiato completamente posizione in un eventuale album di figurine Panini. (In realtà, quando ero un po’ più bambino, non esistevano le figurine Panini. C’erano le figurine Fidass. Gli elementi più preziosi erano rappresentati con l’erbetta verde sotto i piedi. Arrivati a Pamplona, il povero Franco a malapena si sarebbe guadagnato la sabbia d’un deserto!)
Non sempre però si poteva giocare al turista: il dovere innanzi tutto!
E così una mattina d’inverno mi son ritrovato all’ingresso d’un piccolo stabilimento che in quel periodo della preistoria produceva ammoniaca, acido nitrico e nitrato ammonico.
Piove da dannati.
Alla registrazione in ingresso davanti a me c’è un signore che ha appena parcheggiato un’enorme Studebaker: Accanto a questa, la mia piccola Renault fa la figura d’un moscerino accanto all’ape regina.
Ricevuto dalla signora addetta alle registrazioni il modulo con cui - crocetta - “ci si impegna a...” - crocetta - “si rispettano...” - crocetta - “si declina...” - crocetta - “non si fotografa etc...”, il signore di cui sopra appone una croce bella, grande e precisa là dove, normalmente, si appone una firma.
Il signore riceve il suo ‘passi’ ed entra nell’area degli uffici della direzione.
La signora addetta alle registrazioni, che si ricorda di avermi già autorizzato all’ingresso in precedenti occasioni, nell’allungarmi il modulo da compilare, si sente in dovere di commentare. “Ma lo sa che quel signore è completamente analfabeta? Però ha tanti...e dico tanti...quattrini. E’ uno zingaro che commercia in rottami. Viene qui almeno una volta l’anno e compra tutto quello che viene scartato quando si fanno i lavori di manutenzione. Poi si presenta con un camion e porta via tutto.”
Piove da dannati.
Entro. Parlo con il capo della produzione. Insieme andiamo dal direttore dello stabilimento, che nel frattempo si è sbarazzato del ricco gitano. Non ricordo se in quell’occasione ho venduto qualcosa o ho semplicemente visionato le registrazioni dell’operazione dell’impianto.
Quando vado via piove da dannati.
La strada che mi sono programmato per il ritorno passa per Lourdes.
Piove da dannati e ho fame. Tanto mangerò a Lourdes.
Un Luna Park alle cinque di mattina d’un giorno di febbraio sarebbe certamente più vivo della cittadina che mi accingo ad attraversare.
Il caffé Santa Giovanna d’Arco è chiuso, così come è chiuso il ristorante San Giovanni Battista. Spero però che quel caffè che si annuncia con il nome della Beata Vergine possa almeno offrirmi una baguette con prosciutto o formaggio! No. Anche quel caffè è chiuso. Le strade sono vuote. Le insegne che ricordano un intero calendario, sono mendaci. Nessun santo è disposto a fare un minuscolo miracolo: un panino. Ora non chiedo di più.
Ho fame e piove ancora da dannati.
Esco da Lourdes. Mi riprometto di farmi promotore d’una campagna contro tutte le opere di pellegrinaggi e affini. Se non riescono a produrre neanche un panino, come possono promettere guarigioni, recupero della vista, riabilitazione di arti atrofizzati?
Ormai sono rassegnato al peggio. L’aeroporto è a più di 50 chilometri. Là ci sarà un bar aperto, spero.
La strada è più simile a un fiume che non a una statale. Mi concentro sulla guida dato che, pur con i tergicristalli al massimo, la visibilità resta scarsa.
Ma ecco che, tra un dest-sinist dei tergicristalli, sulla mia sinistra si intravede un cartello: “Au vieux moulin- Auberge”. Cinquanta metri e sbarco in riva al Gave, dove sorge una costruzione in pietra, costruzione che, a occhio e croce, risale al ‘500. Due auto parcheggiate. Luci all’interno. Parcheggio anch’io e spingo, dubbioso, una porta d’ingresso. All’interno una vera taverna! Quello che immagino sia il proprietario-gestore sta prendendo gli ordinativi di una famigliola chiaramente americana, famigliola che occupa uno della dozzina dei tavoli disponibili. Faticano un po’ a capirsi, ma l’aria palesemente disgustata del proprietario indica con chiarezza che c’è una certa differenza di opinioni in quanto alla scelta del menu.
Una volta annotate le ordinazioni, il proprietario-gestore, che in seguito si rivelerà anche cuoco, si guarda in giro e si accorge della mia esistenza. Sconsolato si avvicina al mio tavolo: “Anche Lei straniero?” Risposta: “Sì, italiano.” Il suo volto si illumina: “Allora vuol mangiare bene! Non aggiunga altro: ci penso io!”
E poco dopo si presenta con un’insalata di pomodori condita alla perfezione. Pensiero: ma in questa stagione ‘sti pomodori dove li ha trovati?
C’è una singola parete di vetro che separa la sala da una cucina splendente. Il gestore-cuoco mi mostra, accompagnandolo con un sorriso, il fegato d’oca intero che ha appena messo a sfrigolare in una padella di rame. Mi fa un segno d’intesa. Poi preleva una bottiglia di champagne, la stappa e comincia ad annaffiare allegramente il fegato che nel frattempo ha acquistato la prima doratura. Aggiunge infine fettine di mela seccata al focolare e ancora champagne.
“Non aveva ordinato il vino” mi dice il gestore e, insieme con il piatto di fegato d’oca, poggia sul mio tavolo la bottiglia di champagne con il prezioso liquido residuo. “E non mi dica che poi vuole il dessert, ché quello mi rifiuto di prepararlo!”
Alla fine del pranzo, a dir poco sublime, si presenta ovviamente con il conto. “Che ne dice della nostra cucina?”
“Posso solo dirle che prima di questo pranzo, io, uomo di poca fede, non credevo nei miracoli di Lourdes!”
Fuori però, piove ancora da dannati.
E all’aeroporto mancan sempre una cinquantina di chilometri.










Friday, August 17, 2012


La FINLANDIA azzera l'ipocrisia:

perché continuare a batterci per un Paese che non esiste se non sulla carta?
L'Europa ha avuto tante e tante possibilità di nascere veramente come Paese indipendente e unito. Dal 1957 (trattato di Roma) a oggi sono passati 55 anni: un periodo che riempie non uno, bensì almeno tre libri di storia.
Ci ritroviamo con le solite prese di posizione:
- rinunciare alla nostra indipendenza di stato? (Germania, Francia e un pò l'Italia)
- non possiamo tradire il nostro re o la nostra regina! (Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, e poco poco la Spagna)
- ma come? Ci siamo appena divisi e ci volete rimettere insieme? (Ceco & Slovacchia, Slovenia e confinanti)
- senza Stati Uniti e Canada, che sono fondamentali per la NATO, un nostro esercito non conterebbe niente.

Un plauso alla dichiarazione congiunta dei due ministri finlandesi!

dal Frankfurter Allgemeine del 17 Agosto


Schuldenkrise Finnland bereitet sich auf Ende der Euro-Zone vor

ovvero: in questo periodo della "crisi del debito" la Finlandia si prepara alla "fine dell'Euro-zona".

e, precisa il Ministro degli esteri finlandese, che non si augura la fine dell'Euro, ma ha solamente preparato il Paese all'eventualità che l'Euro sia sostituito da valute locali.

Monday, August 13, 2012

ricordi 4


I grandi segreti militari - Dal tragico al comico...al dilettevole (1968)
Ché un pomeriggio suona il mio telefono d’ufficio. Miriam, la dolcissima Miriam, mi dice: “Ti passo monsieur Bauche. Sembra nervosetto! Anzi...più incazzato che nervoso.” (Miriam: passaporto italiano, nata in Egitto, residente da vent’anni a Parigi, in italiano conosce solamente qualche frase al limite superiore della volgarità.)
E in effetti: “Cher monsieur! La vostra società ci ha fornito un impianto contenente catalizzatori coperti da garanzie, in particolare quella particolare garanzia che deve proteggerci in caso di rivendicazione da parte di terzi dell’invenzione, della composizione o dei metodi di produzione dei catalizzatori in questione.”
“Giusto. Confermo.”
“Confermi pure! Solo che oggi 26 giugno del 1968, alle ore 09:00, si sono presentati nel mio ufficio: un usciere del tribunale di Lille, accompagnato da un commissario di polizia e da due agenti della questura, sempre di Lille, ovviamente. Mi hanno consegnato copia di un mandato di perquisizione dei magazzini dove conserviamo i materiali per la manutenzione e i ricambi,  comprendenti questi anche la carica di riserva dei catalizzatori da voi forniti. Hanno prelevato campioni dei catalizzatori stessi e hanno sequestrato le registrazioni delle operazioni in sala controllo. Ovviamente mi hanno comunicato le ragioni dell’operazione. Risulta infatti che la società xxx (UK) e la società yyy (USA) sostengono, congiuntamente, che la vostra impresa abbia fornito un catalizzatore la cui composizione è del tutto simile a quella di uno dei catalizzatori da loro brevettati congiuntamente. Ci si troverebbe perciò davanti a un caso di “patent infringement”, ovvero infrazione di brevetto. Cosa mi dice in proposito?”
“Innanzi tutto permetta una domanda: le autorità inquirenti hanno per caso ordinato di arrestare il funzionamento degli impianti? No? Perfetto. Quindi non interrompa la produzione.
Secondo. Nego personalmente e in nome della società, che qui rappresento, che una situazione del genere possa essere stata originata  da comportamento scorretto, se non addirittura criminale, da parte nostra. Noi siamo, anche per interesse diretto, strenui difensore del concetto di proprietà intellettuale. Terzo. Conclusa la nostra conversazione, convocherò immediatamente il nostro consulente brevetti per fare insieme un esame della situazione e stabilire un programma d’azione. No. Niente ringraziamenti. E’ un dovere e un obbligo morale verso un qualsiasi cliente; in particolare se il cliente è la Francia del général de Gaulle!”
“Ruffiano!” No. A parlare non è Mr.Bauche. E’ la solita dolcissima Miriam. “Et maintenant? Que vas-tu faire?”
“Chiama subito monsieur Legrand. Alle 2 in ufficio da noi!” Legrand, per la precisione, è il nostro consulente brevetti.


E per la precisione alle 14:00 Legrand è seduto di fronte a me.
Telefoniamo al grande capo a Copenhagen, grande capo il quale, appresi i termini del problema, mi dice l’equivalente danese del “fotteténne” napoletano. Legrand interviene: “Ma almeno un avvocato dobbiamo averlo. No?” Risposta equivalente a: “Fate quel cavolo che volete!”
“Mi sembra che il tuo grande capo non si renda conto di quanto la situazione sia seria. Dimmi tu quale ‘cavolo’ vuoi fare.”
“Prima di tutto troviamoci un avvocato. Adesso ci metto dentro un po’ di paraculaggine all’italiana! Voglio un avvocato che non capisca una beata fava di brevetti. Tanto ci sei tu che ne capisci. Che possibilmente sia un’autorità politica. Se amico di De Gaulle, non guasta!”
“Toh! Hai fatto il ritratto di maitre Jean Foyer, ex ministro della giustizia e...amico personale di De Gaulle. Costerà un po’ caro. Questo lo immagini, vero?”
“Tanto pagheranno gli altri. Li faremo a pezzi!”
Legrand tira fuori un blocco dalla sua borsa. “Scriverò poche righe per te.Dovrai impararle a memoria.”
“Memo per l’apprendista brevetti in Francia nell’anno del signore 1968”
1° - In Francia i brevetti non sono garantiti dallo Stato (parlo del 1968, non dimentichiamolo). Il che significa che tu puoi brevettare qualsiasi cosa, anche un semplice stuzzicadenti. Se altri copiano la tua invenzione, tocca a te far valere i tuoi diritti d’inventore dimostrando che ciò che hai brevettato è originale. In caso i tuoi diritti vengano riconosciuti validi, gli altri dovranno perciò ottenere da te l’autorizzazione a utilizzare il brevetto. Ovviamente ciò implica il pagamento di royalties.
2° Come si fa a farsi riconoscere la priorità di un’invenzione in caso di disputa? Mediante un documento che si chiama ‘avis de nouveauté’. Questo documento dichiara che la tua invenzione è originale e che l’oggetto della tua invenzione non esisteva prima che tu lo inventassi e brevettassi (molto difficile ottenerlo nel caso dello stuzzicadenti).
3° Chi rilascia l’avis de nouveauté? Semplice: la Corte Internazionale del Commercio con sede all’Aja-Pays Bas.
“Adesso sai tutto. Ti fisserò un incontro con maitre Jean Foyer per domani mattina. Ricorda che oltre a l’Avocat, cioè il deus-ex- machina, dovrai pagare anche l’Avoué, il galoppino di bottega. Quindi, le parcelle di Maitre Jean Foyer non sono solo relative alla sua astuzia e alla sua mole, anche se tutte e due notevoli, ma anche ai servizi del giovane di bella presenza che presenterà i documenti in tribunale, farà ricerche d’archivio e un giorno diventerà forse anche lui un avocat.”
Ore 10:00. Studio di maitre Jean Foyer. Una mole straripante dalla poltrona. Un accenno ad acidità di stomaco che si concretizza in quella specie di singhiozzetto frequente, disgustoso e ripetitivo, tipico dei cattivi digestori o di quelli nati acidi per volere di madre natura.
Qualora il super professore sia un po’ schifato di trovarsi di fronte due tecnici, non lo dà a vedere.
Tocca a me illustrare le caratteristiche del progetto realizzato per Charbonnage de France. In particolare gli aspetti soggetti a copertura militare e l’utilizzo di materiali speciali tra i quali i catalizzatori originali.
Domanda di maitre J.F.: “Fino a quale data l’impianto sarà sotto tutela del Ministero della Difesa?”
Risposta: “Fino al 30 giugno prossimo. Mancano tre giorni alla data.”
Dichiarazione di maitre J.F.: “Dunque il giudice istruttore di Lille ha dato istruzioni ai suoi di perquisire e sequestrare materiali in una installazione militare ben prima che l’obbligo alla riservatezza decadesse! Semplicemente al di fuori delle regole!”
...e rivolgendosi all’Avoué:
“Presenti ‘stamattina stessa denuncia a carico del Magistrato Inquirente e del Commissario di Polizia per avere abusato della loro autorità nel momento in cui non hanno rispettato l’extraterritorialità d’una installazione a tutti gli effetti militare!”
Maitre J.F. rivolto a Legrand e a me: “Avete copia dei brevetti francesi che queste due società pongono alla base della loro azione contro Charbonnage de France e contro la società per cui lavorate?”
Risposta: “Certo. Eccone copia.”
All’Avoué: “Informi immediatamente il Giudice Inquirente che i denuncianti devono produrre l‘Avis de Nouveauté rilasciato dalla Corte Internazionale del Commercio dell’Aja.”
A me: “In che modo tutelate normalmente il vostro know-how?”
Risposta: “Con la riservatezza e, sopratutto, non brevettando. Questo non vale solamente per la Francia, bensì per tutti i paesi. Riteniamo infatti che il miglior modo per essere copiati è quello di pubblicare un brevetto. D’altro canto, nel caso specifico, mi risulta che i catalizzatori, ora oggetto del contendere, sono già stati forniti a un altro cliente francese nei primi anni ‘60, cioè prima dei brevetti, vuoi inglesi che francesi, dei quali le nostre controparti rivendicano l’originalità. Posso tentare di recuperare i rapporti relativi. In quell’epoca non avevamo ancora un ufficio in Francia. Se conservati negli incartamenti di progetto, questi rapporti si trovano o nella nostra sede di Copenhagen o negli archivi della società francese.”
Maitre J.F.: “Ripeschi questi fascicoli! Ci conto. Per oggi abbiamo lavorato abbastanza. Ci sentiamo tra una settimana.”
Mi congratulo con Legrand...ma anche un po’ con l’astuzia italica del sottoscritto.
Sullo slancio telefono a Copenhagen. Parlo con il collega, Ole Jensen, che aveva seguito, ben sei anni prima, la fornitura del catalizzatore al cliente francese. ‘Cliente’ suona quasi come un diminutivo: in quegli anni il ‘Cliente’ era il primo produttore francese di prodotti chimici e materie plastiche.
Il mio collega mi dice che l’impianto in cui il nostro catalizzatore era stato impiegato era un impianto fornito da una società americana. “Aspetta un attimo che guardo!”
“Sì. Era la yyy(USA) ed era il 1962”. Ma non ho copia della corrispondenza intercorsa né copia delle note di riunione. Se ti interessano tanto metterò in moto una ricerca interna: forse il laboratorio ricerche ne ha conservato copia. Per ora posso solo dirti che il direttore dello stabilimento si chiamava Strauss, K.Strauss, forse alsaziano.”
“Non preoccuparti. Grazie infinite. Troverò la documentazione negli uffici del tuo vecchio cliente.”
“Miriam, mon petit choux. Chiama per favore la “Résines et Matières Plastiques de France”. Dì pure che vorrei parlare con Mr.Strauss, direttore di qualche cosa.”
Cinque minuti.
“Mi dicono che Mr.Strauss è in pensione da una quindicina di mesi.”
“Oh cazzo!”
“Non preoccuparti. Non sono poi tanto stronza. Ho il suo indirizzo e il suo numero di telefono... Un piccolo problema, però...sono tutti e due...anzi tutti e tre: Strauss, il suo indirizzo e il suo telefono...a Bruxelles; in Belgio”
“Oh cazzo!”
“Vuoi comunque che te lo chiami?”
“Certo! Anzi no! Telefono io direttamente, come fossi un vecchio amico...”

E così il giorno dopo sono a Bruxelles. Mr.Strauss è gentilissimo: nostalgia del suo lavoro; rivedere le sue segretarie, i suoi ex colleghi, il puzzo degli impianti; gli archivi? sì, anche gli archivi! E’ proprio il momento giusto per  fare una bella rimpatriata!

“Miriam. Mon petit choux!”
“Choux il cazzo!..! Mi ha telefonato Mr.Bauche. Il giudice di Lille è incazzato a morte con tutti voi. Mi dice Bauche che il giudice è in possesso d’un ‘affidavit’ - non so cosa sia esattamente, ma puzza di Perry Mason - nel quale tal Mr.J.C.Bulton dichiara, con le solite formule del giuramento all’americana, di aver partecipato, in qualità di tecnico della yyy(USA) allo sviluppo e sperimentazione del catalizzatore “incriminato” nei laboratori della xxx(UK) nel periodo 1965-1966. Come ti torna questo?”
“Passa l’informazione a Legrand. Lui sa come girarla a quel cervellone di maitre Jean Foyer. Anzi...no! Per ora tenga per sé questa informazione. Ne parleremo domani. Poi prenota per una notte a nome di K.Strauss una stanza nell’hotel di fronte ai nostri uffici. Arriveremo domani in mattinata, ma andremo direttamente allo stabilimento della R&MP.”

Abbracci e commozione. Le segretarie sono tanto felici di rivedere il loro capo che anche io vengo accolto e trattato come un vecchio amico. Spuntano rusticini e una bottiglia di champagne. Poi, finalmente, l’archivio. Entra solo Strauss, ovviamente. Ne esce con un singolo documento. Spero sia quello giusto. Chiede di farne una copia. Rientra in archivio con solo la copia. Sono sicuro: è quello giusto!

E così durante il pomeriggio siamo in tre, Strauss, Legrand e il sottoscritto, impegnati nella redazione dell’affidavit che io dovrò firmare e trasmettere al giudice istruttore di Lille.

La famosa nota di riunione ‘trafugata’ recita:

Rouen, le 6/09/1962
Partecipanti:
Mr.K.Strauss, direttore produzione
Mr.G.Jourdain, responsabile impianto
Mr.O.Jensen, HTAS (DK) - consulente esterno
Mr.J.C.Bulton, yyy(USA) - Project Mgr.

Mr.Jourdain esprime la sua preoccupazione relativamente all’operazione dell’impianto fornito dalla yyy. L’impianto dovrebbe infatti funzionare correttamente quando alimentato con nafta leggera. Il catalizzatore installato nel forno di reazione è prodotto dalla xxx(UK) ed è stato fornito dalla yyy che ne ha garantito il suo funzionamento nell’impianto, progettato e fornito dalla stessa yyy. Il catalizzatore funziona in modo soddisfacente solamente per poche ore - di poco superiori alle 200 - e con un eccesso di vapore più alto rispetto a quanto indicato in specifica. Si misura una perdita di carico crescente etc.etc.....................
Alla fermata dell’impianto, il catalizzatore è stato ispezionato e si sono trovati importanti depositi di fuliggine che, ostruendo i pori del catalizzatore, ne pregiudicano ovviamente il suo funzionamento.
Mr.Strauss: “cosa intende fare, Mr.Bulton? Tenga presente il fatto che il fermo impianto etc.etc.................”
Mr.Bulton: “dovremo certamente discutere con xxx la questione del catalizzatore. Purtroppo non posso indicare una tempistica in quanto l’inconveniente registrato etc.etc...........................................................”
Mr.Strauss: “Mr.Bulton! Per la programmazione della produzione dello stabilimento noi dobbiamo ne-ces-sa-ria-men-te conoscere le tempistiche. Non possiamo etc.etc........E Lei mr.Jensen cosa può dirci in proposito?”........
Mr.Jensen: “So che nei laboratori di Copenhagen abbiamo sperimentato e messo in produzione alcuni catalizzatori contenenti, oltre all’elemento attivo, cioè il nickel, anche un elemento che, secondo ricerche che risalgono agli anni ‘20, sembrerebbe impedire la formazione di carbonio. Questo è il potassio. Qualora Lei fosse disponibile a sperimentare questo prodotto, potremmo fornire una carica entro due o tre settimane. Ovviamente mr. Bulton deve dare il suo OK in quanto l’impianto è fornito dalla yyy ed è ancora in garanzia.”
Mr.Strauss: “Mi fornisca catalizzatore e assistenza. Con Mr.Boulton un accordo ci sarà di sicuro. Vero Mr.Boulton?”...............
Firmato dalle parti

Lettera ufficiale
Rouen, le 12/12/1962
Cher Monsieur Jensen,
Nous avons le plaisir de vous informer etc.etc.
Dès la mise en service de votre catalyseur nous n’avons plus de problèmes. Pas de depots de carbon sur le catalyseur du four etc.etc.

K.Strauss
Directeur

xxx(UK) e yyy(USA) non ci hanno mai chiesto scusa.
Io a Parigi non lo sapevo, ma quelle due società avevano intrapreso un’azione legale contro di noi anche in altri paesi: l’India, ad esempio. Hanno però sostenuto tutte le spese relative ai procedimenti.
Mr. Bauche mi ha abbracciato di nuovo: senza piangere questa volta.
Mr.Strauss mi ha punito recitandomi i primi versi della Divina Commedia, che, chissà perché, si era messo in testa d’imparare a memoria...e in italiano!
Legrand mi ha detto che stava partendo per l’URSS. Non ho capito perché.
Maitre Jean Foyer mi ha salutato con un ruttino di congratulazioni.
Miriam mi ha detto: “Bravo!” la prima non parolaccia in italiano. Poi mi sono ricordato che si dice nello stesso modo in francese! Ma era solo la prima parte del più bel complimento ricevuto: “Et si on allait nous les deux vérifier ce que ces salauds de xxx sont en train de foutre à Londres?”
Anche in francese Miriam si difende.




















Sunday, August 12, 2012

ricordi 3

I grandi segreti militari. Ovvero ”quanto me pesa quest'acqua oeh!” (1967)
Peccato di superbia: quanti di voi hanno avuto l'occasione di partecipare alla realizzazione d'un progetto strategico nel settore dell'energia atomica per un Paese che si considera, a ragione, all'avanguardia nel nucleare? Non credo molti.
Io, con un filino di fierezza posso rispondere: sì...ed erano addirittura i tempi "gloriosi" del général De Gaulle.
Tutto era cominciato con lo sviluppo d'una nuova tecnologia per la produzione dell’ acqua pesante, tecnologia che i francesi sostenevano aver creato e sperimentato nei loro centri di ricerca, mentre voci di corridoio la facevano risalire ai laboratori di ricerche nucleari di Tel Aviv. A me in realtà questo interessava poco in quanto io ero là per la fornitura e il montaggio di tre delle sette unità che componevano l'impianto. Per completezza d'informazione: non ero io che fornivo il complesso per la produzione dell’acqua pesante. Io ero solamente il responsabile del progetto e del montaggio in opera delle tre unità che ricadevano nello scopo di fornitura della società per cui lavoravo in quegli anni. Sì. Erano impianti tecnologicamente avanzati, realizzati con materiali d'avanguardia e collegati ad una sala controllo completamente elettronica e gestita da un computer, cosa che in quei tempi (a metà degli anni '60) appariva quanto mai futuristica. Una delle tre unità era proprio quella finale da cui ci si aspettava uscisse l’agognato prodotto.
Il committente? Beh, era una cosa complicata. Dietro c’erano ovviamente i militari, tanto che, ancora molti mesi dopo l’avviamento e la consegna dell’impianto, tutte le installazioni erano sotto l’alta sorveglianza del Ministero della Difesa francese.
La tecnologia utilizzata nell’impianto, francese o israeliana che fosse, era proprietà del Groupement Eau Lourde (GELPRA). Il processo di produzione si basava sullo scambio isotopico deuterio-idrogeno in ambiente di ammoniaca liquida.
Schematizzando: si prende il gas naturale e lo si fa reagire con vapor d’acqua, quindi con ossigeno. Si forma una miscela di gas contenente idrogeno, anidride carbonica e ossido di carbonio (ricordi di chimica? Vai!..). Dopo vari trattamenti, semplici ma costosi, comprendenti anche un lavaggio con azoto liquido, si arriva ad una miscela di idrogeno e azoto purissimi.
Con questa miscela, portata ad una pressione piuttosto alta, si produce l’ammoniaca. Fin qui il processo di produzione non differisce molto da quello utilizzato nel caso il prodotto desiderato sia l’ammoniaca stessa da cui poi si producono fertilizzanti per l’agricoltura ed eventualmente esplosivi di tipo convenzionale.
Se però si vuol produrre l’acqua pesante, si creano le condizioni perché il deuterio, contenuto in concentrazioni bassissime nell’idrogeno, si trasferisca prima dell’operazione di sintesi, dal gas nell’ammoniaca liquida dove sostituisce parte degli atomi d’idrogeno. Per questo occorre quello che si chiama un catalizzatore di scambio. Detto catalizzatore, disciolto nell’ammoniaca, compie la sua funzione di “spallone” trasferendo il famoso deuterio dal gas nella molecola del liquido. L’ammoniaca liquida, nella quale parte dell’idrogeno è sostituita dal deuterio, è ormai un’ammoniaca “appesantita”. Viene ulteriormente concentrata mediante distillazione frazionata così da arrivare ad un prodotto in cui la totalità dell’idrogeno è sostituito dal deuterio (ammoniaca pesante). Questa viene a sua volta “crackizzata”, che detto in parole povere, vuol dire scomposta nei suoi componenti:azoto e deuterio. L’azoto viene poi sequestrato per passaggio della miscela attraverso i cosiddetti setacci molecolari mentre il deuterio - che è combustibile come l’idrogeno - è inviato a un bruciatore a ossigeno. L’acqua prodotta, ormai pesante, viene condensata e inviata al serbatoio di accumulo.
La notte del 27 dicembre 1967 ho raccolto i primi due-tre centimetri cubi d’acqua pesante in una boccettina (in origine, aveva contenuto Chanel no.5). Dopo aver corredato il flaconcino d’un nastrino con il tricolore francese, l’ho portato nell’ufficio del direttore dello stabilimento, monsieur Bauche. Questi era lì che attendeva “la bonne nouvelle”. Mi ha abbracciato. L’emozione era tanta. Ci scommeterei che le sue lacrime di felicità erano in quantità superiore a quella del prodotto contenuto nella famosa Chanel no.5! (Anche perché ora si aprivano davanti a lui la luminose carriere di amministratore delegato, di consigliere d’amministrazione e di tutto l’ambaradam tipico della finanza francese).

ricordi 2

I grandi segreti militari. Questa volta con un po’ di malizia... (1966)

Dai Pirenei ai Vosgi. Ovviamente via Copenaghen. Nel senso che, una volta completato il lavoro a Lacq, sono rientrato alla base in Danimarca. Qui mi hanno indicato una nuova destinazione francese. Questa volta in Alsazia, sulle rive del Reno: proprio al confine con la Germania.
Zona bellissima. Di qua i Vosgi. Di la dal fiume, la Foresta Nera. Che poi il di qua è diventato di là in quanto ho trovato casa in un villaggio tedesco, molto pittoresco chiamato Schliengen, famoso sopratutto per un ottimo vino dal color rubino: “Schliengener Spaetburgunder”.
Ogni giorno, per raggiungere lo stabilimento in Francia, dovevo passare il ponte sul Reno. Alle due estremità  del ponte c’erano le postazioni di confine. A quei tempi i controlli funzionavano.
“Passaporto? Italiano eh? Patente? Danese? Carte auto? Svizzere targa rossa? Ma dove abiti? In Germania? Perché entri in Francia? Lavoro lì dietro l’angolo. Oh! oh!” Telefonata al comando; mezz’ora d’attesa. “E’ a posto!” “Per favore, mi annotate il rapporto del comando? Perché per i prossimi mesi passerò di qua tutti i giorni. Per evitare tutta la procedura!”
Solo che, nonostante il rapporto benevolo del comando, ogni quindici giorni le rogne si ripetevano. Infatti, essendo quel ponte sul Reno uno dei luoghi più pacifici nell’universo, veniva usato come posto d’addestramento per i neo-doganieri. Questi, tutti ragazzi giovani, erano tenuti a verificare che quell’individuo italo-danese-svizzero-tedesco-francese che gli rompeva le scatole giorno dopo giorno, andata e ritorno, non fosse un pericoloso, benché sprovveduto, delinquente.  Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Il solito De Gaulle, preoccupato dal differenziale dei costi carburanti tra Francia (ovviamente più alti qui), Germania e Svizzera, aveva introdotto la “carta carburanti”. Questa, non solo introduceva un controllo in più della “papérasserie”, ma comportava anche una misurazione spot del livello del prezioso liquido nel serbatoio: in uscita dalla Francia e al reingresso nel Paese. Devo però riconoscere che, in capo a un paio di mesi, tutto si era accomodato. Passando il posto di frontiera vuoi in ingresso, che in uscita, bastava un salutino dal finestrino dell’auto, poi acceleravo che neanche Sua Santità della battuta.
E i doganieri tedeschi? Dire che non glie ne fregava niente è dir poco. Quando passavo si giravano dall’altra parte. Forse avevano ricevuto copia del mio dossier dai colleghi francesi.
Lo stabilimento in  cui prestavo la mia preziosa opera era effettivamente dietro l’angolo, a meno di cinque chilometri dal ponte sul Reno. Lo stabilimento produceva nylon. Ovviamente, per arrivare al prodotto finale, doveva prima passare per una serie di prodotti intermedi (ne ricordo un paio: l’acido adipico e l’esametilendiammina) e questi, a loro volta, richiedevano prodotti di chimica più spicciola quale l’idrogeno, che glie lo producevamo noi, e l’acido nitrico, fiore all’occhiello della tecnologia francese.
Giorno dopo giorno il nostro impianto d’idrogeno veniva sù. Si trattava d’un impianto piccolino ma sofisticato in quanto, in mancanza del famoso Gaz de Lacq, che in Alsazia non arrivava ancora, l’idrogeno veniva prodotto da nafta leggera. Stavamo alle ultime battute: controlli, lavaggi delle tubazioni, soffiaggi con aria e azoto, essiccamenti delle apparecchiature, caricamento dei  catalizzatori.
Una mattina, arrivando in stabilimento, parcheggio l’auto in mezzo a un mare di automezzi militari. Chiedo al guardiano: “C’è qualcosa di speciale? Arresteranno forse un italo-danese-svizzerotrasportato, residente in Germania, responsabile involontario di qualche truffa al sistema di controllo dei carburanti sul ponte?”
“No. Non preoccuparti. E’ l’aviazione. Sono in visita all’impianto d’acido nitrico.”
E uno si chiede: ma se l’acido nitrico concentrato già lo usano per fabbricare esplosivi pregiati, che cosa cerca qui l’aviazione, che in fondo è solo utilizzatrice dei prodotti finiti quali le bombe?
Dal nostro impianto idrogeno a quello dell’acido nitrico ci sono non più di cento metri. Vedo un assembramento di uniformi che, a giudicare dai gradi, sembrerebbero appartenere tutte a ufiiciali di livello medio-alto. Forte della mia tuta blu, spinto dalla curiosità, mi avvicino al gruppo. Assisto così a una vera lezione di chimica industriale e strategia militare, di cui afferro i concetti fondamentali: “...perché idrazina e acido nitrico, la prima riducente, il secondo fortemente ossidante, allorché reagiscono nel razzo ausiliario di cui i vostri aerei sono dotati, sviluppano una spinta tale che vi porterà a realizzare un cambiamento di quota nei tempi più brevi possibili. Ovviamente, in questa fase voi avrete perso il controllo ‘diretto’ dell’aereo. Sarà il computer a terra, attivato da monsieur le Prèsident, che gestirà l’operazione fino allo sgancio della bomba. Poi, sullo slancio, il vostro aereo continuerà nella sua traiettoria fino a una quota di sicurezza in rapporto all’esplosione della bomba a terra. Prima che il fungo si sviluppi vi troverete a miglia e miglia di distanza!”
Saranno i piloti della “force de frappe” in gita scolastica? Credo proprio di sì.