why should I lie?

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Sunday, August 12, 2012

ricordi 1

I grandi segreti militari. Ma non era mia intenzione!.. (1965)

In quei tempi due “concetti” dominavano la Francia:
1-Le Gaz de Lacq
2-La Force de Frappe
(Per chi non lo ricorda, la Force de Frappe era il fiore all’occhiello del général De Gaulle. Consisteva in una pattuglia aerea di quattro unità. Ogni aereo aveva a bordo una bomba atomica. Le pattuglie si davano il cambio così da avere sempre in volo quattro aerei: 24 ore su 24. A questi era affidata la difesa dell’esagono, ovvero del sacro suolo francese, in caso d’attacco esterno. Considerando l’autonomia degli aerei, si poteva concludere che attacco o azione punitiva potevano avvenire nei confronti dei seguenti paesi: Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Germania Occidentale, Svizzera, Italia, Spagna e Portogallo, ovvero solamente verso paesi amici!!!)

Bene! Io a Lacq ero di casa. Non ero francese, ma mi occupavo d’un impianto destinato a rendere gli ambientalisti francesi un po’ più tranquilli e, quindi, meno aggressivi. In che modo?
Qui si rende necessaria una mini-introduzione tecnologica.
Agli inizi degli anni ‘60 i tecnici francesi avevano individuato giacimenti di gas molto ricchi situati a grande profondità in prossimità di Lacq sul versante francese dei Pirenei. Come accade di frequente, al momento in cui si fora l’ultimo diaframma che separa le trivelle dal giacimento, il gas prende fuoco.
Si prelevano comunque campioni del gas e si chiamano gli specialisti dello spegnimento. In quei tempi il più famoso e affidabile era un americano: il cosiddetto pompiere rosso (di capelli? d’abbigliamento? politicamente parlando? chissà).
Questo signore viene contrattato per effettuare il lavoro di spegnimento. A conclusione del suo intervento si sente in dovere di dare un suo consiglio, che suona a un dipresso così:
- premesso che questo giacimento di gas è a una pressione altissima e che è caratterizzato da un contenuto pazzesco in idrogeno solforato, il mio consiglio è: “tappate i buchi fatti e dimenticate questa risorsa”
     Ai francesi? Un americano ai francesi? Darci consigli? Come si permette?
E fu così che le trivelle si rimisero in azione con maggior lena e, nello spazio di pochi mesi, il paesino di Lacq divenne la principale risorsa di energia e di zolfo della Francia.
E’ vero: negli impianti si doveva andare in giro con la maschera antigas appesa al collo, con filtro armato, quindi pronta per un uso immediato. Se ti fermavi per un periodo prolungato, la maschera dovevi provarla in una camera a gas in atmosfera di gas lacrimogeni.
Gli impianti si moltiplicavano. Si produceva di tutto: dall’etilene, al propilene, allo stirene, al cicloesano, allo zolfo: montagne di zolfo; una muraglia cinese di zolfo colato. E, grazie alla rete di metanodotti realizzata a tempo di record,  si riforniva di gas naturale tutta la Francia.
Però, come risultato di questa industrializzazione selvaggia, si doveva far fronte al problema posto dai gas di scarico degli impianti. Questi contenevano ancora un po’ di zolfo, sotto forma d’idrogeno solforato, gas assolutamente letale. Per di più questi gas di scarico avevano rapidamente distrutto l’agricoltura in un raggio di trenta chilometri.
Con l’impianto che noi, piccoli e modesti consulenti danesi, abbiamo fornito alla Société Nationale des Pétroles d’Aquitaine per la depurazione dei gas di scarico dagli impianti di recupero  zolfo, riuscivamo a produrre circa 130 tonnellate al giorno di acido solforico concentrato!
Ambientalisti! Francesi e non! Un piccolo applauso, please!
Il direttore della baracca, ingegnere discendente da nobile famiglia locale, famosa per aver affiancato Napoleone nelle sue escursioni in giro per l’Europa, era fierissimo dell’operazione di tutti i suoi impianti, solo  che, verso le ore 12, giorno dopo giorno, mostrava segni di nervosismo e preoccupazione.
In realtà, con puntualità cronometrica, a mezzogiorno si sentiva un gran botto. Era lì che, se ti trovavi in compagnia del direttore, sentivi regolarmente: “Non saranno mica saltati i forni dell’etilene?”
Il che, dopo una settimana, due, o un intero mese, diventava monotono. Ho chiesto perciò in giro: “Da che cavolo dipende quel gran botto?”
Risposta: “Sono gli aerei della Force de Frappe che, dando il cambio a quelli che hanno finito il turno, intorno a mezzogiorno superano il muro del suono proprio in prossimità di Lacq”
Domanda del piccolo straniero che non si fa i cavoli propri. “Ma allora l’aeroporto super segreto, con bombe atomiche etc. sta da queste parti?”
Risposta: “Ti giuro che non lo so. Queste cose ce le tengono ben nascoste, qui in Francia!”
Solo che, qualche giorno più tardi, girando in auto alla ricerca d’un ristorantino  per la cena, comincio a costeggiare, a non più di quaranta o cinquanta chilometri da Lacq, una recinzione doppia, stile Auschwitz, con tanto di filo spinato in cima, recinzione interrotta solo da un cancello sul quale è apposta una targa:
“Aeroporto Militare Pierre Curie”... ingresso proibito ai non addetti...sorveglianza armata etc.
Alla faccia del segreto militare! L’avessero almeno chiamato aeroporto Victor Hugo o Charles Baudelaire!

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