why should I lie?

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Sunday, August 12, 2012

ricordi 2

I grandi segreti militari. Questa volta con un po’ di malizia... (1966)

Dai Pirenei ai Vosgi. Ovviamente via Copenaghen. Nel senso che, una volta completato il lavoro a Lacq, sono rientrato alla base in Danimarca. Qui mi hanno indicato una nuova destinazione francese. Questa volta in Alsazia, sulle rive del Reno: proprio al confine con la Germania.
Zona bellissima. Di qua i Vosgi. Di la dal fiume, la Foresta Nera. Che poi il di qua è diventato di là in quanto ho trovato casa in un villaggio tedesco, molto pittoresco chiamato Schliengen, famoso sopratutto per un ottimo vino dal color rubino: “Schliengener Spaetburgunder”.
Ogni giorno, per raggiungere lo stabilimento in Francia, dovevo passare il ponte sul Reno. Alle due estremità  del ponte c’erano le postazioni di confine. A quei tempi i controlli funzionavano.
“Passaporto? Italiano eh? Patente? Danese? Carte auto? Svizzere targa rossa? Ma dove abiti? In Germania? Perché entri in Francia? Lavoro lì dietro l’angolo. Oh! oh!” Telefonata al comando; mezz’ora d’attesa. “E’ a posto!” “Per favore, mi annotate il rapporto del comando? Perché per i prossimi mesi passerò di qua tutti i giorni. Per evitare tutta la procedura!”
Solo che, nonostante il rapporto benevolo del comando, ogni quindici giorni le rogne si ripetevano. Infatti, essendo quel ponte sul Reno uno dei luoghi più pacifici nell’universo, veniva usato come posto d’addestramento per i neo-doganieri. Questi, tutti ragazzi giovani, erano tenuti a verificare che quell’individuo italo-danese-svizzero-tedesco-francese che gli rompeva le scatole giorno dopo giorno, andata e ritorno, non fosse un pericoloso, benché sprovveduto, delinquente.  Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Il solito De Gaulle, preoccupato dal differenziale dei costi carburanti tra Francia (ovviamente più alti qui), Germania e Svizzera, aveva introdotto la “carta carburanti”. Questa, non solo introduceva un controllo in più della “papérasserie”, ma comportava anche una misurazione spot del livello del prezioso liquido nel serbatoio: in uscita dalla Francia e al reingresso nel Paese. Devo però riconoscere che, in capo a un paio di mesi, tutto si era accomodato. Passando il posto di frontiera vuoi in ingresso, che in uscita, bastava un salutino dal finestrino dell’auto, poi acceleravo che neanche Sua Santità della battuta.
E i doganieri tedeschi? Dire che non glie ne fregava niente è dir poco. Quando passavo si giravano dall’altra parte. Forse avevano ricevuto copia del mio dossier dai colleghi francesi.
Lo stabilimento in  cui prestavo la mia preziosa opera era effettivamente dietro l’angolo, a meno di cinque chilometri dal ponte sul Reno. Lo stabilimento produceva nylon. Ovviamente, per arrivare al prodotto finale, doveva prima passare per una serie di prodotti intermedi (ne ricordo un paio: l’acido adipico e l’esametilendiammina) e questi, a loro volta, richiedevano prodotti di chimica più spicciola quale l’idrogeno, che glie lo producevamo noi, e l’acido nitrico, fiore all’occhiello della tecnologia francese.
Giorno dopo giorno il nostro impianto d’idrogeno veniva sù. Si trattava d’un impianto piccolino ma sofisticato in quanto, in mancanza del famoso Gaz de Lacq, che in Alsazia non arrivava ancora, l’idrogeno veniva prodotto da nafta leggera. Stavamo alle ultime battute: controlli, lavaggi delle tubazioni, soffiaggi con aria e azoto, essiccamenti delle apparecchiature, caricamento dei  catalizzatori.
Una mattina, arrivando in stabilimento, parcheggio l’auto in mezzo a un mare di automezzi militari. Chiedo al guardiano: “C’è qualcosa di speciale? Arresteranno forse un italo-danese-svizzerotrasportato, residente in Germania, responsabile involontario di qualche truffa al sistema di controllo dei carburanti sul ponte?”
“No. Non preoccuparti. E’ l’aviazione. Sono in visita all’impianto d’acido nitrico.”
E uno si chiede: ma se l’acido nitrico concentrato già lo usano per fabbricare esplosivi pregiati, che cosa cerca qui l’aviazione, che in fondo è solo utilizzatrice dei prodotti finiti quali le bombe?
Dal nostro impianto idrogeno a quello dell’acido nitrico ci sono non più di cento metri. Vedo un assembramento di uniformi che, a giudicare dai gradi, sembrerebbero appartenere tutte a ufiiciali di livello medio-alto. Forte della mia tuta blu, spinto dalla curiosità, mi avvicino al gruppo. Assisto così a una vera lezione di chimica industriale e strategia militare, di cui afferro i concetti fondamentali: “...perché idrazina e acido nitrico, la prima riducente, il secondo fortemente ossidante, allorché reagiscono nel razzo ausiliario di cui i vostri aerei sono dotati, sviluppano una spinta tale che vi porterà a realizzare un cambiamento di quota nei tempi più brevi possibili. Ovviamente, in questa fase voi avrete perso il controllo ‘diretto’ dell’aereo. Sarà il computer a terra, attivato da monsieur le Prèsident, che gestirà l’operazione fino allo sgancio della bomba. Poi, sullo slancio, il vostro aereo continuerà nella sua traiettoria fino a una quota di sicurezza in rapporto all’esplosione della bomba a terra. Prima che il fungo si sviluppi vi troverete a miglia e miglia di distanza!”
Saranno i piloti della “force de frappe” in gita scolastica? Credo proprio di sì.

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