why should I lie?

why should I lie?

Thursday, April 13, 2017

Europe
(no, non è inglese, né francese: è solo plurale; e credo d'aver già scritto sull'argomento)

Nel lontano 1952 ero considerato un bravo utilizzatore della lingua italiana, ragione per cui fui scelto come rappresentante del liceo Cavour di Roma in un contest nazionale dedicato al "progetto d'una futura Unione Europea".
In quell'epoca gli Stati sopravvissuti alla guerra erano ancora in condizioni disastrose. Parlare di creare accordi europei tra Paesi che avevano dato del loro meglio per stabilire diversità di vedute, di (in)civiltà, di (dis)organizzazione appariva futuristico; ma di brutto! Fortunatamente alcuni politici di alto livello avevano già lanciato il progetto, più realistico per una banda di sopravvissuti, quello relativo alla Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio: la CECA.
La CECA poteva funzionare su queste basi:
- Belgio e Francia ci mettono: le miniere di carbone 
- l'Italia ci mette quanto è in grado di fornire: i minatori
- il Lussemburgo probabilmente qualche fondo
- la Germania ci mette: quanto sopravvissuto delle potenti acciaierie
Rottame di ferro: a fine guerra ce n'è a iosa!
e...udite udite!..ha funzionato! anche perché i soldini del piano Marshall giravano ancora, freschi e potenti!
Passare da una CECA a un progetto d'Europa è però una cosa molto più complessa. 
Qui non si tratta più del salvataggio d'un paio di centinaia di milioni di persone che tentano di venir fuori dal cosiddetto "mare di merda" postbellico cercando di non fare l'onda. Qui si tratta di dire: io "le gen.De Gaulle", io "re di Gran Bretagna o Winston Churchill che sia, io "zoppo erede delle rovine hitleriane", io "che da poco sono uscito in modo tragico e rovinoso dal regime dell'autarchia", etc., abbiamo deciso quanto segue: 
"Ci organizzeremo in modo tale da costruire, per gradi, una sola comunità, economica per ora; anche politica in seguito."
Ed è a questo punto che si è scatenata la mia innata sensibilità per il dettaglio.
Ho immaginato che seduti intorno a un tavolo ci siano i sullodati. Il pranzo viene servito. 
"Ma come! E l'aperitivo? Per me un Pernod!" "Ma Lei non conosce il nostro Campari!" "Sì perché non apprezzerebbe? ..."
"Ma voi italiani cominciate sempre con spaghetti?" "Già, per evitare che poi ci riempite di...come dite voi?..kartoffeln!" "Certo sarebbe meglio iniziare con un consommé"
...e poi i vini! "Fortunatamente voi tedeschi avete solo qualche vinello del Reno. Ce la vediamo con gli italiani! Ma vuoi mettere quel Chianti inflazionato con i nostri Bordeaux?" "Ma noi in Belgio abbiamo la birra dei Cappuccini!..meglio d'un vino" "Beh, allora io pasteggio al whisky scozzese...che è sempre una garanzia..."
E via di seguito con i primi conati di protocolli comuni e i primi veti inespressi.
La Comunità Economica Europea, composta solo da sei Paesi (Francia, Germania Occidentale, Italia, Belgio, Olanda,  Lussemburgo) all'inizio funzionò alla perfezione, ancora sullo slancio della CECA.
In pochi anni l'Europa costruì e/o ricostruì la sua rete ferroviaria, una rete imponente di autostrade, aeroporti e quanto necessario per formare l'ossatura d'un continente collaborante.
Così avrei voluto immaginare la futura Europa.
E l'ho vista invece impegnata nel discutere di ciò che a Roma (in seguito sede del primo accordo ufficiale) vengono definite "fregnacce". E questo mi ha causato una sensazione, non di delusione, bensì d'impotenza, ancor prima che fossi autorizzato a farlo (a valle cioè del Trattato di Roma, per capirci). E che le prime (le "fregnacce" intendo dire) siano state forse più protettive/distruttive (tipo. quote latte etc.) è evidente. Quelle seguenti (famosa è quella sulla curvatura dei cetrioli) hanno sempre dato l'impressione di reperire uno scopo di "esistenza in vita" di commissioni che, altrimenti, sarebbero state necessariamente chiuse per mancanza di ragion d'essere.
E proprio durante la prima fase si notarono i primi "tentennamenti europei".
I Paesi dotati di Sovrani consolidati e/o tradizionalisti (Gran Bretagna, Austria, Svezia, Norvegia, Danimarca, Portogallo, Svizzera) decisero di tenersi fuori dal primo conato europeo e crearono l'EFTA. Le conseguenze di questa decisione furono immediate e fatali; ancor oggi se ne registrano le conseguenze.
E la burocrazia affermava la sua supremazia!
Esempio: il sottoscritto (passaporto CEE) lavorava in un Paese EFTA. Lì ha preso la sua prima patente di guida.
Qualche anno più tardi si è trasferito in Francia (CEE). Ha dovuto prendere una nuova patente di guida in quanto quella di Paese EFTA non era considerata valida per un residente in CEE. Al rientro in Italia le cose sono andate meglio in quanto CEE non mangia CEE. La patente francese è stata trasformata in patente italiana.
Altro esempio: ogni Paese EFTA manteneva, singolarmente, gli accordi commerciali che aveva nel passato con i vari Paesi CEE. Risultato? La società di Paese EFTA, per cui lavoravo in Francia, mi esporta un prodotto classificato in un certo modo dalle autorità dei due Paesi in questione. Imposizione doganale uguale "0".  Io riesporto questo stesso prodotto verso un altro Paese CEE. Ovviamente con imposizione doganale zero in quanto CEE verso CEE. Se il prodotto fosse stato esportato direttamente dal Paese d'origine EFTA verso il Paese utilizzatore finale CEE, sarebbe stato classificato sotto altra voce doganale e avrebbe pagato una bella tassa!
Questa era la CEE. Quest'altra era l'EFTA  Risultati? Facile vederli.
Poi si decise: "Siamo tutti una sola famiglia. CEE e EFTA si accordano e, non solo. Accettano nuovi iscritti.
Non ricordo in che ordine: Finlandia, Spagna, Grecia, Irlanda. E, una volta caduta la cortina, Polonia, Lettonia, Estonia, Lituania, Ungheria, Romania, Bulgaria, Cechi e Slovacchi, Cipro e Malta, seguiti da Slovenia e Croazia..
Il risultato? 28 Paesi con tradizioni, leggi e vecchi litigi (che covano ancora sotto un'apparente cenere di fratellanza). 
E, a complicare le cose, aggiungiamo una bella NATO! Una NATO che non può prescindere dal fatto che ognuno di questi Paesi, per una ragione o una contro-ragione, ha un ministro degli esteri e uno della difesa che ragionano secondo schemi regionali piuttosto che continentali.
E così nascono le due Europe: quella dei credenti e quella dei miscredenti. Ma una svolta anglicana ce l'abbiamo; come ai vecchi tempi.
E l'Enrico VIII di oggi è, suo malgrado, Elisabetta II. 
In quei tempi - parlo di Enrico VIII - i britannici non fecero troppi proseliti. 
Oggi? Chi sa!

E ancora mi chiedo: 
ho sbagliato quando nel lontano 1952 avevo espresso i miei dubbi sulla possibilità che dei bipedi (discendenti, secondo Darwin, da quadrumani litigiosi) potessero organizzarsi in società pacifica, costruttiva e, sopratutto, collaborante in tutti i settori mettendo perciò da parte vecchie diatribe, amori, odi e interessi economici locali?
Rispondo: Sì. Ho sbagliato. 
Quella volta ho fornito alla giuria l'opportunità per buttarmi subito fuori dal contest.



No comments: