why should I lie?

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Sunday, September 12, 2004

POLITICA
con/senza la KAPPA


Non ho studiato il greco: ho frequentato lo scientifico negli anni in cui la storia mondiale che veniva insegnata a scuola si fermava, misteriosamente, alla Vittorio Veneto del 1918. Il resto, da Lenin a Hitler, a Mussolini e Stalin era troppo pericoloso parlarne nelle scuole in quanto affetto dal terribile morbo della partigianeria (nel senso di interpretazioni di parte).
Mi sembra comunque di ricordare che la parola “politica” derivi dal greco “polis” o giù di lì, e che questa polis indichi “città”. Quindi, fare politica o discutere di politica significava allora, interessarsi in un modo o nell’altro, alla città e ai suoi problemi. Tenuto conto del fatto che il termine città in quei tempi rappresentava la “nazione”, si può concludere che discutere di politica significa dibattere I problemi relativi alla Società in cui viviamo.
Dove mettere un limite? Ai “…milioni di baionette”? Alla scarpa battuta da Krutschev sul banco dell’ONU? Allo scandalo delle banane? Non converrà piuttosto scendere ai livelli più vicini a noi e trattare I relativi problemi con animo sereno e spirito costruttivo senza trasformare la Politica in Politika?
Un nostro caro comune amico direbbe: “Meditate, gente, meditate!”

Ma far meditare la gente, specialmente se italiana, è molto difficile quando non impossibile. Esempi recenti? Tanti.

Pensate agli atteggiamenti di alcune correnti politiche manifestatisi per mezzo di certa stampa che ne è espressione diretta. L’11 settembre? Ma naturale! Sono gli Americani, anzi gli amerikani, che se lo sono cercato. Il fatto è che sono colonizzatori, hanno avuto la colpa tremenda di far crollare l’URSS. E noi, poveri orfani d’un Breznev, d’un Krutschev, d’uno Stalin e d’un Lenin, cosa dovremmo fare? Sì, ci siamo riciclati. Siamo diventati buoni, non mangiamo più I bambini; ci contentiamo d’andare in giro con gli occhialini alla Gramsci. Addirittura uno dei nostri evidenzia il suo atteggiamento neodemocratico esponendo senza imbarazzo un ciuffo e un paio di baffi di tipo hitleriano.
Quindi, abbiamo le carte in regola per essere considerati espressione suprema d’un popolo che, detto tra noi, di politica non capisce una beata fava.
Non ci sentiamo perciò di criticare le reazioni arabe, tra cui quelle della palestinese occhialuta e sovrappeso che, in mezzo alla gente che si affollava tra i banchi d’un suk, ululava di gioia alla notizia della distruzione delle torri (la sceneggiata della vacca sullodata fu trasmessa in diretta TV. Cercate ora la sua foto sui siti Internet israeliani; questi non l’hanno dimenticata). Né critichiamo I ragazzi islamici che, dopo la diretta televisiva dell’avvenimento, uscirono dai bar di Milano e improvvisarono balli di gioia, un po’ frociastici, per la verità, ma da noi definiti folcloristici o piuttosto folkloristici.
In fondo l’Islam è basato sugli stessi principi del cristianesimo, o meglio del cattolicesimo, solo che I cattolici, per lungo tempo ultrafanatici e bacchettoni, ora, in gran parte, se ne strabattono delle direttive che il Vaticano distribuisce. Qualcuno tra I più anziani ricorderà I libri all’indice. L’indice veniva pubblicato dal Vaticano (parlo degli anni ‘40-‘50, non della preistoria) e seguito pedissequamente dagli editori…e, purtroppo, dai lettori! Poi ci si meraviglia dei roghi in cui venivano gettati dalle camicie brune I libri degli ebrei! Le vecchiette, e non, della pur non lontana Sicilia, in dubbio tra un’eredità islamica e il rispetto della religione cattolica, che tanto diversa non era, andavano vestite nel nero più rigido con scialletta-sciador-chador ancor più nera per nascondere il volto.
Perché quindi meravigliarci d’una lapidazione in territorio islamico, o delle frustate che in alcuni di quei paesi vengono impartite a ‘femmine’ che osano guidare un’auto o derogano in qualche modo, anche marginale, agli insegnamenti rigidi del Corano?
Ma in fondo anche quelli che oggi criticano l’Islam hanno deciso che le ‘femmine’ hanno un’anima solo in occasione del concilio di Trento. Vogliamo dimenticarlo?

Se però la nostra politica si fregia della kappa, possiamo fieramente dichiarare che:
o Il katto-komunismo è la linea politica ideale da seguire.
o Dobbiamo essere tutti buoni e non parlar male dei nostri. Eccezioni si accettano nel caso di alcuni ex biankofiore e, ovviamente, di Berluskoni e della Padania (peccato che quest’ultima non contenga c!)
o Vogliamo dimostrare che tutti quelli che si oppongono a noi sbagliano. Non ci stiamo riuscendo, ma non perdiamo la speranza.
o Siamo convinti che quelli che ancor oggi osano definirsi komunisti veri, non riciclati, sono la peggior razza presente sulla terra. Essi sono privi di memoria e di senso della gratitudine verso chi ce l’ha messa tutta per togliere d’impaccio I trinariciuti. Ci sostengano comunque alle elezioni. Il voto è come il denaro: non puzza! Dongo insegna.
o L’imperativo categorico di noi demo-katto-komunisti è sputtanare, nell’ordine, Berluskoni, Bush e Putin. Vale, comunque, la regola secondo cui invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia.
o Dobbiamo continuare a pensare alla pace e propagandarla, anche se un tempo lanciavamo le molotov. Chi noi?
o Noi? Le vecchie, le nuove, le future BR, chi le conosce? E’ comunque certo che se Berluskoni non fosse al governo, anzi! se non fosse mai nato, o meglio ancora, se la stirpe dei Berluskoni fosse stata eradicata al tempo dei Merovingi, le BR non sarebbero mai esistite!
o E’ un po’ di tempo che non ossequiamo Schroeder. Ma abbiamo dimenticato chi sia e che cosa faccia, oltre a perdere sistematicamente le elezioni nei diversi laender.
o Non parliamo poi di Chirac che è di destra, ha un primo ministro di destra, ma non si capisce proprio come faccia a venirne fuori, da questo bailamme francese. Ha comunque un grande merito: non va a scuola con il velo.
o Non vogliamo parlare di Cesare Battisti. Le nostre nozioni di storia si sono fermate alla rivoluzione francese.

Abbiamo finito qui? Uno, due, tre…sono proprio dieci punti. Ci fossimo montati la testa? O meglio, avessimo stabilito un dekalogo?


franco

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