why should I lie?

why should I lie?

Monday, September 02, 2019

lettera aperta al prof. Stefano Zecchi (Italia non è un Paese di scienziati...) - "il Giornale" del 31 agosto

Mi permetto di commentare, più che positivamente, il Suo articolo pubblicato su Il Giornale del 31 agosto.
concordo in tutto
Racconto brevemente la mia storia che appartiene a un altro mondo: mondo che, considerando l' Italia di oggi, definirei "quello che fu".  
Ho cominciato a lavorare nel 1958 nei laboratori della Facoltà d'Ingegneria dell 'Università di Roma. Laurea in ingegneria chimica 1960; laurea sperimentale finanziata da  società attiva nell'industria chimica, società che mi pagava  una borsa di studio, sotto forma d'un mini-stipendiomensile durante i due anni di lavoro e ricerche preparatorie. Ovviamente i risultati del lavoro di ricerca sono andati a detta società che li ha sfruttati per costruire in seguito un impianto di produzione.
In parallelo, un mio collega sviluppava, come tesi di laurea, un progetto per la NASA. Ovviamente anche lui riceveva un ministipendiomensile, questo, ovviamente, dagli americani.
Una volta conseguita la laurea, ho lavorato 12 anni con una società danese leader nel settore sviluppo processi, e relativi catalizzatori, prima presso la sede di Copenhagen, in seguito in Francia e infine in un grande complesso industriale in Italia.
Ho in seguito scelto di restare in Italia con funzioni di dirigente in una società d'ingegneria. Ho promosso, e  diretto, vari  progetti in giro per il mondo - dipartimento dedicato a progettazione e costruzione impianti basati in generale su tecnologie da me ben  conosciute (almeno tre di questi utilizzando tecnologie e catalizzatori forniti dai Danesi dei miei anni 60)
Non ricordo esattamente l'anno (doveva essere intorno alla metà degli anni '80) in cui mi è stato chiesto di partecipare ad una conferenza/convegno organizzata dall'allora Ministro della Pubblica Istruzione  presso la facoltà di chimica dell'Università La Sapienza. In quell'occasione avrei dovuto illustrare le tecniche e documentazioni applicabili ai vari stadi dei progetti, dalla promozione fino alla loro realizzazione.
Confesso che, avendo avuto occasione di muovermi verso la fine degli anni '70 a livello promozione-avanprogetto (senza esiti dirompenti di collaborazione) in quel dell'Unione Sovietica, e basato sul fatto che progetti sviluppati e realizzati in Paesi più-o-meno-capitalisti, erano stati coronati da successo, mi è venuto naturale decantare, nella mia introduzione, la forma ideale di presentazione del vero futuro tecnico, con l'augurio di collaborare a pieno con enti e imprese industriali affermati e dotati di  programmi sufficientemente chiari e convincenti.
Il Ministro, (data la sua preparazione politica, immagino) è intervenuto sulla questione dell'intervento attivo delle imprese interrompendomi in un modo che a me, e credo a tutti, è apparso piuttosto brusco. Al suo intervento ho risposto nel modo che mi è venuto più naturale: "Ringrazio per l'invito, ma impegni che considero più urgenti e NATURALI mi chiamano. Grazie." e ho tolto le tende.
Ho in seguito studiato i cambiamenti introdotti nel sistema.
La laurea triennale ha forse sostituito o integrato la già ottima  preparazione degli istituti tecnici. C'è stato un fiorire di borse di studio che immagino essere statali, regionali o provinciali. 
Ma il modello MIT che, ai miei tempi si tentava di copiare, mi sembra  scomparso, almeno a livello ufficiale. Probabilmente le imprese private incontrano qualche difficoltà di troppo quando desiderano intervenire direttamente nei rapporti con istituti, professori e allievi e, eventualmente, mettere un'ipoteca, ovviamente vantaggiosa per tutti, sul loro sviluppo futuro.
E i giovani capiscono - fortunatamente per loro - più dei politicanti inquadrati.
Ragione per cui molti di loro si trasferiscono all'estero.

No comments: