why should I lie?

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Friday, January 15, 2016

Professioni pericolose 

dalla stampa 1990: 


MILANO  Eni e Montedison hanno preso atto dell' intervento del presidente del Consiglio, Giulio Andreotti che domenica aveva comunicato l' intenzione di aprire un tavolo di trattativa per discutere subito una soluzione definitiva per il polo chimico. In attesa che il capo del governo convochi Raul Gardini e Gabriele Cagliari (probabilmente oggi stesso) la riunione del sindacato di blocco di Enimont fissata per ieri pomeriggio è slittata. Il presidente della Montedison andrà al negoziato finale avendo già fissato due paletti: la partecipazione del 40 per cento in Enimont posseduta dal gruppo di Foro Bonaparte non è in vendita e, inoltre, l' assemblea degli azionisti che dovrà portare da dieci a dodici i consiglieri d' amministrazione del polo resta convocata per il 27 e per il 28 febbraio. I tempi per la soluzione del problema-Enimont sembrano ormai molto stretti: ieri il consiglio d' amministrazione della Montedison ha approvato il nuovo progetto industriale del gruppo di Foro Bonaparte dove un ruolo rilevante è affidato alla joint-venture con l' Eni. Il progetto, questa mattina, sarà presentato ad Andreotti e a Cagliari e, subito dopo, ai sindacati. Da questo esame risulterà più chiaro il futuro del polo chimico. Il convulso lunedì mattina di Gardini e Cagliari aveva avuto un prologo nella giornata di domenica quando il presidente dell' Eni si era recato a Palazzo Chigi per definire la linea da seguire. Andreotti era stato piuttosto rigido invitando il responsabile dell' ente petrolifero a rispettare le indicazioni del governo che, fino al momento della definizione del nuovo accordo con Gardini, desidera che la parità fra pubbblico e privato non venga alterata con iniziative che hanno suscitato riserve anche da parte degli organi di controllo. Gli equilibri gestionali Il riferimento era a una riunione del collegio sindacale dell' Eni che alla fine di gennaio aveva invitato i vertici dell' ente a tenere un atteggiamento più favorevole all' interesse del partner pubblico sia per quanto riguarda gli equilibri gestionali di Enimont sia sulle scelte strategiche. L' incontro fra Cagliari e Andreotti si era concluso con l' annuncio che il governo non si sarebbe più limitato a fare da arbitro fra i due azionisti ma, vestiti pantaloncini e maglietta, sarebbe sceso direttamente in partita per porre fine alla lite che da quindici mesi avvelena la vita di Enimont. Andreotti con questo intervento ha delegittimato l' Eni? Difficile dirlo con certezza ma certo Gardini ha mostrato di crederlo tanto che in un passo del comunicato emesso nel pomeriggio chiede che, nel corso del prossimo negoziato, gli interlocutori siano muniti dei necessari poteri. L' affermazione ha suscitato il risentimento dell' Eni che ha risposto giudicando la dichiarazione inopinata e inopportuna in quanto sembra ignorare un comunicato della presidenza del Consiglio in cui si invitano le parti a incontrarsi in un clima di fiducia e comprensione. Insomma fra i due partner del polo, dopo due settimane di intesa totale, sono ricominciate le punture di spillo. La girandola di riunioni era cominciata ieri mattina intorno alle dieci. Gardini aveva convocato il consiglio d' amministrazione Montedison nella sede di Foro Bonaparte. Cagliari aveva fatto lo stesso con la giunta dell' Eni negli uffici di via Borgonuovo. La prima mossa veniva proprio dall' ente petrolifero che, dopo un paio d' ore di riunione, emetteva una nota in cui chiedeva al partner di rinviare la riunione del sindacato di blocco in attesa della annunciata convocazione da parte del governo. L' esecutivo dell' ente si dichiarava pronto ad avviare trattative con la Montedison volte ad una ridefinizione del rapporto fra i soci di Enimont e ciò anche sulla base di ulteriori indirizzi che potranno essere formulati dall' autorità di governo. Per rendere ancora più esplicito il suo invito Cagliari scriveva subito una lettera a Gardini nella quale gli chiedeva di rinviare la riunione del sindacato di blocco a breve e con lo stesso ordine del giorno. La nuova convocazione dovrà essere fatta con un preavviso di due giorni e comunque prima dell' assemblea Enimont convocata per il 27 e 28 febbraio. Dopo poche ore giungeva la risposta di Gardini. Accettata la richiesta di rinvio, veniva espressa soddisfazione per la decisione del governo di promuovere al più presto e senza pregiudiziali, una trattativa sugli assetti di Enimont. Lo svolgimento dell' assemblea L' apertura del negoziato, secondo Gardini, non pregiudica lo svolgimento dell' assemblea degli azionisti di Enimont convocata per fine febbraio. La trattativa, inoltre, dovrà svilupparsi tenendo conto che il vertice di Foro Bonaparte non ha alcuna intenzione di cedere la partecipazione nella joint-venture. Proprio per questo è stato ribadito l' impegno della Montedison nella chimica secondo un preciso programma di sviluppo già individuato. Il programma sarà esposto nei prossimi giorni al governo e alle parti sociali. Inutile dire che il negoziato non sarà semplice. Ciascuno degli interlocutori si è tenuto un asso nella manica: il governo, per rendere più convincenti le sue richieste, può sempre giocare la carta degli sgravi fiscali che il Parlamento non ha ancora concesso. Gardini tiene ferma la convocazione dell' assemblea di Enimont che porterà i rappresentanti privati da cinque a sette (anche se poi sul piano pratico questo aumento avrà scarse conseguenze sulla gestione). Nel piano che presenterà al governo, Gardini porrà tre quesiti: 1) le strategie di Enimont; 2) il problema dei conferimenti; 3) gli assetti azionari. I tre punti risultano strettamente legati fra di loro. Il leader di Ravenna chiederà che il polo, pur senza abbandonare la petrolchimica, cerchi di spostare l' attività sulla chimica innovativa e su quella dei materiali. Se questa impostazione sarà accettata si porrà, eventualmente, il problema di far confluire Himont nel polo. Altrimenti sarà anche inutile parlarne visto che l' integrazione produttiva si giustifica solo in una strategia di sviluppo in un settore ben preciso anziché in un altro. Fatte queste scelte si tratterà infine di definire gli assetti azionari. Al governo e all' Eni la parola definitiva.


Castellari
febbraio 1993

ex direttore generale delle Partecipazioni Statali, consulente di Deutsche Bank, alla Morgan Grenfell, all'ENI.  


 "...Non pensavo davvero che stesse meditando il suicidio...Il colloquio e' durato qualche minuto". Giulio Andreotti e' una delle ultime persone ad aver visto vivo Sergio Castellari: la mattina del 18 febbraio 1993.  Una visita strana, strana e brevissima. "Il colloquio e' durato qualche minuto", racconta Andreotti. Nel giugno del ' 92 Il manager aveva comunicato a lui la sua decisione di dimettersi dalla carica di direttore generale delle Partecipazioni Statali.
Qualche ora più tardi l'ex direttore generale delle Partecipazioni Statali scompare. 
Sergio Castellari viene trovato morto su una collina di Sacrofano, vicino Roma, il 23 febbraio 1993
"Due distinte fonti, aveva scritto  a Il Mondo, una delle quali i miei avvocati, mi hanno rappresentato concordemente che il sostituto procuratore Savia chiedeva che io mi presentassi a lui, per denunciare un qualsiasi significativo episodio delittuoso di tangenti nelle Partecipazioni Statali... Nel caso non avessi accettato la sua proposta, il sostituto procuratore Savia... avrebbe dato corso al provvedimento di mandato di cattura già firmato nei miei confronti"
Leggo: 
Un paio di giorni dopo il suo colloquio con Andreotti, Castellari viene ritrovato privo di vita, una pallottola in testa. Sembra che gli animali selvatici dell'area (essenzialmente cinghiali) avessero già cominciato a interessarsi al ghiotto boccone messo a loro disposizione. La pistola usata dal dirigente ministeriale per togliersi la vita, una Smith and Wesson, aveva la canna infilata nella cintura dei pantaloni. Il cane era alzato. Il tamburo, a sei colpi, aveva quattro proiettili inesplosi e un bossolo esploso. Quello sparato contro la tempia sinistra non è mai stato trovato.
Secondo gli inquirenti si è  suicidato (il 18,19,20,21o 22  febbraio?).

Cagliari
20 luglio 1993 
Nel novembre del 1989 fu nominato presidente dell’ENI. Negli anni del suo mandato, Cagliari si trovò a dover trattare con il governo e con la Montedison le complesse trattative sulla gestione della joint-venture chimica Enimont. Nel febbraio del 1993 Cagliari fu interrogato dalla Procura di Roma, proprio per il suo ruolo nella valutazione di Enimont fatta dall’ENI al momento dell’acquisto. 
Il 9 marzo 1993 fu arrestato su richiesta della procura di Milano.

Il 20 luglio 1993 Gabriele Cagliari fu trovato morto nelle docce del carcere di San Vittore, dove aveva trascorso quattro mesi di carcerazione preventiva, durante i quali era stato ripetutamente interrogato sugli sviluppi del caso Enimont. 
Cagliari si sarebbe ucciso soffocandosi con un sacchetto di plastica; il suo suicidio, preannunciato da una lettera scritta ai familiari dieci giorni prima, scatenò un acceso dibattito sull’utilizzo dello strumento della custodia cautelare da parte della magistratura. Nella lettera, Cagliari lancia delle accuse dure ai magistrati, come quella di voler instaurare uno Stato autoritario, e saluta la famiglia e gli amici.
Secondo gli inquirenti si è suicidato.

Gardini
23 luglio 1993
Gardini realizza con l'ENI la fusione delle attività chimiche dei due gruppi, fondando Enimont, di cui ENI e Montedison possiedono il 40% ciascuno, mentre il restante 20% è nelle mani del mercato azionario. Nel 1988 Gardini aveva ricevuto da Ciriaco de Mita e da Achille Occhetto — ovvero da maggioranza e opposizione — «sufficienti garanzie» sugli sgravi fiscali in seguito al conferimento delle attività chimiche di Montedison alla joint venture Enimont: ma il relativo decreto-legge decadde per due volte in Parlamento.

La lettura, che Gardini diede della violazione degli impegni, ne produsse una reazione inattesa: provò, con l'alleanza di altri "capitani coraggiosi" (raggruppati tra gli imprenditori del lombardo-veneto) a scalare Enimont, arrivando in una prima fase a vedere il successo e a commentare «La chimica sono io». L'intento di Gardini viene ostacolato da due fatti: da un lato il giudice decide il fermo provvisorio delle azioni in previsione dell'udienza di discussione del ricorso di ENI e della replica di Montedison; dall'altro si consuma la rottura dei rapporti con ENI e con il suo presidente Gabriele Cagliari, che secondo l'inchiesta di tre anni dopo svolse questo ruolo per consentire al PSI di Craxi di esercitare il suo ruolo di interdizione nell'operazione.
In seguito, Gardini è protagonista di speculazioni finanziarie poco fortunate e di scelte imprenditoriali infelici che prima lo portano a lasciare le cariche all'interno del gruppo Ferruzzi-Montedison e poi, una volta scoperte le tangenti generate dalla vendita del 40% di Enimont, alla morte per suicidio il 23 luglio 1993, Milano.
Secondo gli inquirenti si è suicidato.

Necci
28 maggio 2006
Chissà cosa conteneva il dossier dei servizi segreti stranieri che mostrò in giro pochi giorni prima di morire. E quali altri documenti che portava con sé sparirono quel giorno? (se lo chiede Cirino Pomicino)
La sua morte risale al 28 maggio del 2006. Quella mattina stava andando in bicicletta Lorenzo Necci, commis d'Etat della Prima Repubblica - ex ad delle Ferrovie dello Stato, già presidente di Enimont - passato indenne per le Forche Caudine di Mani Pulite, arrestato (e scagionato) nel ‘96, per peculato, corruzione aggravata, truffa in danno delle Ferrovie.

Era a Fasano, una pausa di relax alla «Masseria San Michele» con la sua compagna, e quella mattina un'auto lo travolse.
In questo caso c'è la certezza del "non suicidio".

Prescindendo da Sindona e Calvi, che le loro rogne le avevano trovate non lontano da San Pietro, sembra che le personalità qui trattate siano state accomunate dal binomio ENI-Enimont.
Se non si adottano le dovute precauzioni lavorare con petrolio e chimica è certamente pericoloso per l'umano, ma...a questo grado?


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