why should I lie?

why should I lie?

Sunday, July 10, 2005

EGOISTICAMENTE
parlando

Viviamo in un Paese ancora impreparato a ricevere le ondate d’immigranti che si presentano più o meno regolarmente alle nostre frontiere. La gente non è entusiasta del fenomeno. Guarda con diffidenza quello perché è nero, l’altro perché emana un cattivo odore dal corpo, perché sono invadenti quando commerciano in cianfrusaglie e imitazioni di firmato, perché talvolta li incontriamo con il sedere a pizzo quando, in mezzo ai loro mercatini, si fermano per rivolgere la loro preghiera verso la Mecca. Contribuiscono a creare un clima di autodifesa le donne più appariscenti che spaziano da quelle poco o molto velate a quelle più nere o più bionde con coscia in evidenza. Spesso non ci accorgiamo di quelle preziose categorie chiamate colf o badanti. Non vediamo quegli operai che fanno lavori pesantissimi, talvolta sgradevoli, nei nostri stabilimenti. Non vediamo I piccoli imprenditori specializzati nelle attività di costruzione e manutenzione, di pittura edile, di piccoli trasporti. (Vogliamo ricordare l’italiano emigrato in Germania negli anni cinquanta-sessanta?)
Ma come vivono queste persone?
Quando cadono nelle mani di delinquenti comuni vengono sfruttate all’osso. Dormono a turno in stanze con tre o quattro letti pagando cifre iperboliche. Escono la mattina con sacche e borsoni carichi di merce contraffatta, di giochini cinesi, di CD e DVD copiati. Dovranno venderne almeno un certo numero altrimenti I capetti mafiosi o camorristi che affidano loro “la merce”, si rivarranno su di loro e sui loro famigliari.
Non parliamo degli immigrati che sono l’elite finanziaria, quelli cioè che, trafficando in droga, ne agevolano in modo determinante la diffusione nelle scuole e, più in generale, tra I giovani. Dovranno sempre render conto dei loro traffici ai capi gerarchici, ma vedono qualche soldo in più. Quando sopravvive, il pusher potrà a sua volta far carriera passando a distributore, a grossista, risalendo nella gerarchia fino a quei livelli che gli permetteranno di gestire intere aree di distribuzione.
E la gente osserva, vede, memorizza; certamente non l’operaio o la badante, bensì quelli che creano degrado. Che si assiepano intorno alle cucine del circolo San Pietro o della Caritas più vicine, che nell’ombra dei giardini comunali distribuiscono la dose, che litigano per il posto sul marciapiede dove poter aprire il loro fagotto di miserabili cianfrusaglie, che vivono in baracche di cartone, che fanno I loro bisogni sui prati, che si ubriacano lasciando migliaia di bottiglie di birra sui muretti in giro per le città, che schiave, chiappe di fuori, si offrono la sera nei punti strategici delle città, sulle tangenziali, sulle consolari. Per non parlare di aggressioni, di rapine, di stupri, ultimo grido della criminalità povera.
E l’odio monta. Travalica I confini della politica. C’è gente che continua a parlare male della Bossi-Fini senza neanche conoscerla, ma che tuttavia sarebbe disposta a buttare fuori a calci tutti gli extracomunitari.
Molti degli extracomunitari vivono nel terrore.
Se clandestini, terrore d’essere identificati ed espulsi; terrore di non vendere I minimi imposti dalle mafie che li controllano; terrore di rientrare nella baracca e trovare che qualcuno l’ha bruciata; terrore e basta!
Se regolari, terrore di scivolare nei sistemi mafiosi che cercano di sfruttare la loro verginità sul territorio; terrore di perdere il posto di lavoro, spesso in nero, a causa di controlli o di vendette.
Se lucciole, non ne parliamo. Passaporto sequestrato. Incasso minimo. AIDS. Violenze punitive. L’arresto è una liberazione!
Per I livelli più alti si serrano I ranghi degli ordini professionali. L’inserimento è difficile anche per un laureato. Lo si guarda con sospetto. Se è medico si pretende che sia Valdoni, se architetto o ingegnere, Pier Luigi Nervi.
Che molte badanti siano laureate è cosa nota. Ma chi di noi fa un pensierino a questo proposito? Chi di noi cerca di inserire queste persone nei circuiti giusti dove le loro capacità potrebbero contribuire allo sviluppo e al benessere di tutti?

Un fattore comune lega la maggioranza degli extracomunitari: la mancanza d’una casa.
La gente esita a dare in affitto una casa, un appartamento, locali decenti agli extracomunitari. Solo imprenditori illuminati si organizzano per creare delle condizioni di comfort minimo intorno a quei loro collaboratori che spesso sono d’altissima efficienza. In generale, le condizioni offerte a questi “intrusi” sono indegne solamente per averle pensate. Le strutture non esistono.
Vogliamo analizzare questo problema così come I tedeschi lo affrontarono cinquant’anni or sono per far fronte all’arrembaggio dei nostri emigrati?

Cifre:
In Italia si contano circa due milioni d’extracomunitari.
Immaginiamoli a gruppi di cinque. Cinque uguale un nucleo famigliare; cinque uguale un gruppo di amici.
Occorrono quattrocentomila alloggi di tre-quattro camere e servizi.
Supponiamo che un terzo degli extracomunitari abbia già risolto I suoi problemi d’alloggio in modo decente. Ad esempio spesso le “badanti” alloggiano nell’appartamento dei “badati”; molte ditte del nord Italia hanno aiutato I loro dipendenti a trovare un alloggio.
Restano circa 280,000 alloggi da reperire.
Valore? 280,000 x 120,000 = 30 miliardi Euro circa (costo medio tra grande città e provincia, per case decenti costruite non per speculazione immobiliare).
Supponiamo che chi gestisce il sistema regionale, provinciale o comunale – naturalmente avendo innanzi tutto trovato le risorse per costruire o per comprare, non comportandosi da burocrate e soprattutto comportandosi da persona onesta, utilizzando imprese di costruzione senza personale in nero, firmando contratti di pulizia e manutenzione con imprese non in odore di camorra – percepisca un affitto proporzionale a 100 Euro mensili per persona. Gli introiti sarebbero a regime pari a 130 MM Euro mensili ovvero 1,6 miliardi di Euro l’anno, pari al 5% dell’investimento fatto. Il sistema funzionerebbe in quanto assicurerebbe fondi per pagare interessi, manutenzioni straordinarie e qualche iniziativa addizionale.
Naturalmente ci sarebbe bisogno di regolamenti snelli che permettano gestioni rapide e indolori, vuoi per le assegnazioni che per le riscossioni, con obblighi contrattuali (pagamento servizi, manutenzione ordinaria e straordinaria) che dovrebbero essere in tutto uguali a quelli dei normali contratti d’affitto tra privati.
Continuiamo a supporre che dei 30 miliardi necessari 5 almeno siano messi a disposizione dall’Unione Europea come contributo a fondo perduto. Questo tanto per cominciare! Supponiamo che altri 5 miliardi siano reperibili come finanziamenti bancari garantiti dalle regioni. Supponiamo che con qualche finanziamento/donazione partecipino anche gli imprenditori interessati al sistema. Il tutto dovrebbe essere basato sul principio del no-profit, ma, possibilmente, con la creazione d’un fondo imprevisti. Vogliamo introdurre anche un’alternativa all’8 per mille? Si può cominciare.
L’extracomunitario, qualora fosse in grado di farlo, dovrebbe poter comprare esclusivamente al di fuori di questo sistema. In nessun caso dovrebbe avere il diritto di trasmettere a figli e parentado il diritto ad abitare I locali nel caso essi intendano trasferirsi.
In nessun caso dovrebbe essere autorizzato a chiamare parenti amici e conoscenti dal paese d’origine per inzepparli nell’alloggio assegnatogli.
Gli alloggi dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per una decorosa sistemazione di immigrati regolarmente censiti e residenti, desiderosi d’integrarsi nella struttura del Paese.
Insomma, non dovrebbero nascere sistemi marci come quelli che hanno caratterizzato gli alloggi popolari di buona memoria. Non dovrebbero nascere rioni tipo Scampìa a Napoli né vergogne simili al Corviale di Roma.
Nessuno di noi è il buon samaritano. Tutto questo potremmo farlo per puro egoismo!
Ma non siete felici e orgogliosi quando vedete un Pakistano che conversa in italiano con un suo amico Marocchino o Algerino? Quando incontrate un gruppo di ragazzi che va a scuola e l’unico di loro con gli occhi a mandorla parla il dialetto più stretto del vostro paese?
Questa sì: si chiama integrazione…anche se, in fondo in fondo, abbiamo solo soddisfatto il nostro egoismo.

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